Il danno esistenziale viene compreso nella definizione di danno non patrimoniale, che non pregiudica, cioè, l’aspetto economico e le attività remunerative della persona. La sua definizione, tuttavia, è piuttosto controversa. In riferimento al danno esistenziale e alla prova per il risarcimento, infatti, le interpretazioni possono divergere tra loro.

Danno non patrimoniale e danno esistenziale: definizione

Una prima distinzione riguarda il danno patrimoniale e non patrimoniale. Il primo interessa, per l’appunto, una diminuzione relativa a beni o situazioni produttive o un mancato guadagno causato dal fatto illecito.

La seconda categoria si definisce a prescindere dalle conseguenze economiche e comprende diversi elementi: le lesioni alla salute della persona (il cosiddetto danno biologico), il danno morale, ovvero la sofferenza interiore che accompagna un determinato evento, e il danno esistenziale.

Quest’ultimo, più nello specifico, si riferisce al peggioramento delle condizioni di vita quotidiane, legato a un deterioramento della vita di relazione e ai fattori che impediscono all’individuo di realizzare la propria personalità e di perseguire la propria felicità. In altre parole, si riferisce a un peggioramento della qualità della vita causata da una lesione dei valori fondamentali della persona.

Un’altra definizione riguarda il cosiddetto danno psichico, ovvero la compromissione di una o più funzioni intellettive e affettive del soggetto, da cui deriva un’alterazione della sua capacità di relazionarsi agli altri e di adattarsi all’ambiente circostante, incluso quello lavorativo. L’evento scatenante, di tipo doloso o colposo, si risolverebbe cioè in un trauma, transitorio o permanente, e in un serio pregiudizio allo svolgimento delle attività quotidiane.

La definizione di danno psichico si sovrappone in parte al danno da pregiudizio esistenziale: la distinzione non è così semplice, come non lo è quantificare il pregiudizio agli aspetti individuali e sociali della persona.

Danno esistenziale: prova e richiesta di risarcimento

Nel caso del danno esistenziale, l’aspetto più controverso riguarda la difficoltà di tipizzare – ovvero di schematizzare e di distinguere fra loro – le tipologie di danni risarcibili. Si tratterebbe, in altre parole, di una categoria astratta, difficilmente riconducibile a fattispecie specifiche. Come si procede quindi per determinare il danno esistenziale e la prova necessaria per avanzare una richiesta di risarcimento?

Per risultare risarcibile, il danno esistenziale deve essere dimostrato e motivato dal soggetto. Quest’ultimo, cioè, è tenuto a provare il rapporto di consequenzialità esistente tra il fatto illecito e il peggioramento della sua vita relazionale. In caso di demansionamento del lavoratore, ad esempio, il danno esistenziale può coincidere con un danno all’identità professionale e all’immagine del soggetto.

È, tuttavia, onere del lavoratore dimostrare concretamente le alterazioni subite nelle sue abitudini quotidiana e nelle relazioni lavorative e, allo stesso modo, il danno legato alla perdita di occasioni di realizzazione ed espressione della propria persona.

Nel caso del danno psichico, la prova risiede nella diagnosi di un esperto, incaricato di stabilire la relazione esistente tra il fatto in questione e il disturbo patito dal soggetto. Nel caso del danno biologico, come è evidente, interverrà un accertamento medico legale. La prova del danno esistenziale, invece, risulta meno univoca.

La verifica può derivare da un insieme di elementi: più in particolare, dalla prova documentale, dalla prova testimoniale e dalla prova presuntiva (gli elementi che, cioè, consentono di risalire a un fatto ignorato a partire da un fatto noto).

Un altro esempio riguarda il danno subito da una turnazione illegittima del personale, da cui deriverebbe uno squilibrio delle abitudini di vita.

Anche in questo caso, non basta evidenziare l’insorgere di ansia, stress o disagi di vario tipo: è necessario provare che il fatto in questione abbia causato un cambiamento radicale nella vita di relazione e un’alterazione profonda della personalità del soggetto.

Quest’ultimo dovrà, in altre parole, fornire tutte le indicazioni necessarie a determinare le conseguenze date dal fatto in questione (demansionamento, turnazione non giustificata e altri illeciti di varia natura).

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